No, malgrado il titolo, che può suonare ammiccante, non è l’ennesimo esempio della schiera di romanzi porno-soft che sta dominando il mercato negli ultimi tempi. Siamo proprio in un altro genere, quello del noir: Maria Capasso è una bella quarantenne napoletana, sposata con Antonio, operaio, tre figli. Gente modesta, ma che tutto sommato, pur fra i problemi di tutti i giorni che non mancano mai, vive una vita familiare tranquilla e felice. Destinata a non durare, perché Antonio scopre di avere una malattia incurabile e muore. Maria, rimasta vedova coi figli, dimostra però di avere l’intraprendenza e la grinta necessaria per sopravvivere, e anzi prosperare, in un mondo che in caso contrario l’avrebbe stritolata. Il problema è che le opportunità, ormai, le offrono solo la camorra e il mondo dell’illegalità.
Un romanzo che insomma vorrebbe mostrare quanto sia facile, per una persona onesta, trovarsi all’improvviso a dover compiere scelte impensabili e fatali, e che vorrebbe far riflettere su quanto sia ipocrita tranciare giudizi, perché i dilemmi di Maria sarebbero anche i nostri. Nei fatti, non è che questo messaggio riesca a risuonare in modo tanto efficace.
Tutto il libro è narrato in prima persona da Maria, un’operazione che mi ha ricordato molto il racconto Niente, più niente al mondo, di Massimo Carlotto (anche lì protagonista femminile, anche lì un mondo di fatica, di ingiustizie, di gente che non ce la fa): lì però era più convincente, forse perché il testo era più breve, ma reggere per un intero romanzo riuscendo ad “annullarsi” (apparentemente) come scrittore dietro il tuo personaggio non è facile, richiede grande abilità e controllo. E invece la “voce” della protagonista Maria non è sempre credibile (per fare un esempio, i personaggi parlano sempre in perfetto italiano tranne che per qualche sporadica espressione in dialetto buttata qua e là, che quindi, invece di far aumentare la verosimiglianza dei dialoghi, ne sottolinea anzi l’artificiosità), e forse proprio per questo non mi è mai riuscito di provare quel coinvolgimento emotivo che sicuramente l’autore si proponeva di suscitare (il prologo si conclude con un lapidario “Questa storia parla anche di voi”), non mi sono mai ritrovata a “soffrire” con lei o per lei, né a “tifare” pro o contro di lei.
E quindi la storia si legge giusto per vedere “come va a finire”, e anche qui si rimane un po’ delusi perché purtroppo, nella seconda parte, non mancano sviluppi un po’ prevedibili (la tresca di Gennaro con la giovane Angela, e relativa “soluzione” al problema escogitata da Maria), nonché altri episodi buttati un po’ lì senza che ve ne fosse grande bisogno (la storia tra Maria e Gigino, l’incredibile vicenda di pedopornografia che viene archiviata e dimenticata in poche pagine).
Insomma un libro che si fa leggere ma nulla più, “fa numero” per le statistiche di fine anno, e scorre via senza infamia ma sicuramente anche senza lode.
Salvatore Piscicelli, Vita segreta di Maria Capasso, voto = 3/5