Un aprile ben misero, in quanto a letture: sono stata distratta da questo e da quello, e ho impiegato un mese per finire “appena” due libri, e temo anche di non aver dedicato loro la dovuta concentrazione.
Non so ricostruire il percorso che mi ha portato alla lettura di questo saggio, sicuramente ho appreso la curiosa e affascinante vicenda del Cavaliere d’Eon da una pagina di Wikipedia, ma non ricordo se vi ero giunta per caso o per altri collegamenti. La biografia scritta da Gary Kates è stata acquistata in un maxi-ordine on line del 2010 su IBS, forse il mio maggior “colpo”: fatto approfittando di una di quelle promozioni sui Remainders, libri che quasi ti tirano dietro, per cui più ne acquistavi più aumentava lo sconto, e questo l’avrò preso con lo sconto dell’80% o giù di lì. Poi è rimasto a prendere polvere per anni, ma la sfida della “parola del mese” su Goodreads Italia (viene scelta una parola, bisogna leggere entro il mese un libro che la contenga nel titolo) l’ha riportato alla ribalta (la parola era “donna”).
La storia del cavaliere D’Eon fu uno dei più chiacchierati “scoop” del XVIII secolo; D’Eon, proveniente da una famiglia della piccola nobità della Borgogna, ufficiale dell’esercito francese, distintosi per coraggio e abilità nella guerra dei sette anni, fu per lunghi anni una spia al servizio di Luigi XV, dapprima in Russia, quindi a Londra. Negli anni sessanta del Settecento, a causa di complicate congiunture politiche, si ritrovò improvvisamente in disgrazia col suo Ministero degli Esteri, sospettato di tradimento e praticamente in esilio in Inghilterra. Proprio mentre questa situazione si andava lentamente e faticosamente ricomponendo, si fece sempre più strada, fino ad acquistare la parvenza della verità, quello che all’inizio era un pettegolezzo di incerta origine (ma probabilmente messo in circolo da D’Eon stesso), e cioè che egli fosse in realtà una donna, allevata fin dall’infanzia come un maschio. Nel 1776, infine, fu lo stesso Luigi XVI a sancire che sì, D’Eon era effettivamente una donna. Riabilitato dal suo governo, D’Eon poté tornare in patria, smise gli abiti da uomo e visse tutti gli ultimi anni della sua vita come una donna. Ma quando morì, nel 1810, di nuovo a Londra dove aveva trascorso gli ultimi anni quasi in miseria, ecco la sconcertante scoperta che sparigliò nuovamente le carte in tavola: D’Eon era, invece, senza ombra di dubbio un maschio.
Di donne che si travestirono da uomini, generalmente per sfuggire alle limitazioni imposte alla loro condizione e/o perseguire carriere politiche o militari, la Storia è piuttosto prodiga di esempi, ci dice l’autore. Il caso di un uomo che consapevolmente sceglie di “trasformarsi” in una donna è, invece, più unico che raro: Kates indaga quindi su cosa possa aver spinto D’Eon a intraprendere questa decisione radicale.
Chi si aspettava una storia piccante (e, lo ammetto, nel gruppo c’ero anch’io) rimane però sorpreso, anche perché Kates mette subito le cose in chiaro: nella scelta di D’Eon non hanno influito le preferenze sessuali (anzi, al riguardo D’Eon sembra essere stato per nulla interessato al sesso, vergine o comunque castissimo), non fu un travestito (non risulta che avesse mai avvertito, prima della “trasformazione”, l’esigenza di vestirsi da donna e anzi, anche dopo che venne dichiarato “ufficialmente” tale, resistette a lungo prima di abbandonare a malincuore l’amata uniforme del corpo dei Dragoni) né un transessuale.
La crisi personale che D’Eon visse negli anni sessanta (gli intrighi politici sono piuttosto complessi, ma, per quanto ho capito io, le cose andarono così: esisteva in Francia una rete di ambasciatori e diplomatici “ufficiali” che faceva capo al re e al Ministero degli Esteri… e contemporaneamente anche un’altra di spie e agenti segreti selezionatissimi, chiamata appunto il “Segreto”, che faceva capo direttamente al re Luigi XV e al potente Principe di Conti, che spesso e volentieri perseguiva obiettivi anche in contrasto con la politica “ufficiale”: in questa situazione abbastanza paradossale, D’Eon si trovava in Inghilterra in veste duplice di funzionario del ministro degli Esteri e agente del Segreto… da ciò la sua difficoltà nel districarsi fra ordini contraddittori e istruzioni riservate, e il suo apparentemente “inspiegabile” rifiuto di ubbidire al Ministro degli Esteri quando questi, inconsapevolmente, si metteva contro le direttive del Segreto… Lo so, non si capisce, Kates ha a disposizione pagine e pagine per spiegarlo, io solo poche righe), la sua condizione di “traditore della patria” (mentre il re sapeva benissimo il motivo della sua apparente “insubordinazione”!), gli intrighi dei suoi tanti nemici a corte contribuirono ad alimentare in lui una profonda disillusione e disaffezione verso la politica dell’ancien régime. A un certo punto dovette sembrargli che l’unica possibilità per “ripartire da zero”, ricostruirsi una reputazione immacolata e venire riaccolto in patria fosse cancellare definitivamente la sua identità precedente, sviare l’attenzione e “rinascere” come donna: da figura ambigua e sospetta a singolarissima eroina che per anni aveva servito il proprio sovrano in mezzo ai pericoli di un mondo dominato dagli uomini. Nel testo si afferma che tutti i tentativi di D’Eon di mistificare le sue origini, raccontando, nei tanti scritti autobiografici che lasciò, di essere nato femmina ma di essere stato educato come un maschio per volere del padre, sono assolute falsità, il cavaliere stesso si costruì il suo “mito”.
Tuttavia, la motivazione per il “cambio di sesso” può essere stata contingente… ma dall’analisi di Kates emerge che il cavaliere non vi arrivò “per caso”, e che anzi da tempo le sue riflessioni e i suoi studi (egli non fu solo un militare e un diplomatico, ma anche un uomo di lettere) vertevano sulla questione femminile, sul ruolo delle donne nella società.
La vicenda si colloca in un momento, il Settecento, in cui l’influenza delle donne nella politica e negli affari di Stato raggiunse forse il culmine, e in cui anche lo stesso mondo maschile (si parla, naturalmente, sempre e solo delle classi più alte) stava andando incontro a un processo di “femminilizzazione”; sono tanti gli esempi possibili, dalle organizzatrici dei salotti in cui si riuniva il fiore dell’intellighenzia del tempo, alle celebri figure di sovrane come Caterina II e Maria Teresa: il caso più vicino alla vicenda di D’Eon, anche perché i rapporti con quella che egli considerava sua acerrima nemica furono fondamentali nel determinare gli eventi della sua vita, è naturalmente quello di Madame de Pompadour, amante e consigliera di Luigi XV, per lunghi anni arbitra della politica francese e delle fortune e sfortune di ministri e funzionari a lei graditi o meno. Paradossalmente, i maggiori critici di questa situazione sono proprio coloro che meno ci saremmo aspettati, i philosophes illuministi (Rousseau ad esempio, anche se il suo pensiero in alcuni punti è ambiguo) e, più tardi, la Rivoluzione francese, che, almeno in alcune delle sue fasi, giocò un ruolo importante nel propagandare gli ideali di domesticità, mitezza e confinamento nella sfera privata della donna che poi sarebbero stati dominanti nel XIX secolo.
Analizzando l’enorme biblioteca di D’Eon, Kates scopre quindi che le riflessioni sulla condizione femminile, la cosiddetta Querelle des femmes che impegnava molti intellettuali francesi fin dai tempi di Christine de Pizan nel XV secolo, appassionavano molto il cavaliere. Molti scrittori, uomini e donne, nel corso del tempo avevano preso la penna in mano per sostenere che la donna non era in alcun modo inferiore per virtù all’uomo, e che, se non riusciva ad ottenere gli stessi risultati nella sfera pubblica, ciò era dovuto non all’incapacità ma alla situazione di oggettivo svantaggio, in termini di istruzione e opportunità, in cui era posta dalla società tradizionale. In Francia, poi, un modello importante cui appoggiarsi, e cui sicuramente D’Eon si ispirò per adattare (a posteriori, quando aveva già deciso di far credere di essere nata donna) la propria biografia, fu quello della celebre eroina nazionale, Giovanna d’Arco, giovane donna, vergine, che indossò l’armatura e combatté come un uomo per servire il proprio re e il proprio paese.
Quello che è interessante è che D’Eon, anche se la decisione di farsi considerare una donna fu forse, almeno in parte, un espediente per venir fuori da una situazione personale senza via sbocchi, non per questo considerò a quel punto chiusa la sua carriera: per anni continuò a rivendicare, senza successo, lo stesso ruolo nella diplomazia e anche nell’esercito francese che aveva avuto fin quando era stato considerato un uomo, sostenendo di non capire perché non potesse continuare a servire il suo Paese anche in quanto donna (anche alla luce di ciò, secondo Kates, va interpretata la sua estrema riluttanza a decidersi a rinunciare all’uniforme dei Dragoni e a indossare in modo definitivo abiti femminili, che avrebbero sancito anche esteriormente la sua uscita di scena dal palcoscenico della vita pubblica).
Nell’ammirazione di D’Eon per il sesso femminile ebbero una parte importante anche la sua interpretazione della fede cristiana, che abbracciò con slancio in tarda età, e la sua lettura di alcuni passi di Agostino e san Paolo; nella sua visione (non pienamente sistematica, poiché non era un filosofo, e le sue riflessioni erano anche in parte un modo per razionalizzare la propria singolarissima vicenda biografica) Dio aveva creato l’umanità senza distinzione di sesso, ma era stato in particolare il genere maschile ad allontanarsi maggiormente dalla volontà divina, mentre le donne avevano meglio coltivato le virtù cristiane e l’ideale di purezza e alta spiritualità di questo essere umano “prima della Caduta”.
Per tornare a un livello più terra terra, molte pagine sono dedicate agli anni di “incertezza”, quando le voci sul cavaliere sono ormai l’argomento di conversazione più succulento fra Londra e Parigi e nell’Europa intera. L’enorme curiosità suscitata dalla sua vicenda attirò ovviamente su D’Eon l’interesse quasi “morboso” dell’opinione pubblica e della stampa, che prese a perseguitarlo in tutti i modi: naturalmente a Londra fiorirono le scommesse sul suo sesso, le stampe, gli opuscoli osceni, le canzonature, le intrusioni nella sua privacy da parte di persone interessate a scoprire il suo segreto, ma anche si profilarono scenari ben più inquietanti come il rischio di essere rapito o addirittura ucciso (da emissari del suo governo decisi a recuperare i documenti riservati in suo possesso, da scommettitori che volevano accertare in modo definitivo se fosse uomo o donna)… e, insomma, in queste pagine, dopo aver letto in lungo e in largo dei mille intrighi della diplomazia, tocchiamo con mano anche il lato più umano e privato della vicenda: dal libro e dai brani delle sue lettere si avverte chiaramente che, per un uomo così riservato e anche intriso di una alta opinione di sé e della propria dignità, dovettero essere anni molto sofferti e umilianti.
Ultima nota a margine nella lettura è l’interessante contrasto fra il sistema politico inglese, avanzatissimo per l’epoca e già garante di numerosi diritti del cittadino, e quello francese: si veda lo stupore in Francia per il fatto che il re inglese non potesse semplicemente a suo arbitrio far arrestare D’Eon ed estradarlo oltre Manica, visto che… non aveva violato alcuna legge.
Un libro che, come dicevo all’inizio, ho trascinato più a lungo del previsto, che ha sorpreso le mie aspettative, in parte positivamente (gli spunti interessanti annotati qua sopra), in parte no (a onor del vero le macchinazioni politiche e gli intrighi dietro alla caduta in disgrazia di D’Eon, dopo un po’, sono diventati piuttosto indigesti): spero di averlo riassunto e analizzato in modo quanto meno comprensibile, perché a volte alcuni passaggi sono apparsi poco chiari anche a me.
Gary Kates, Monsieur d’Eon è una donna (trad. Sergio Minucci), voto = 3/5