Il titolo italiano è un po’ stupido (anche perché mi pare che neanche si parli delle coccinelle), era più simpatico, e tutto sommato anche più preciso, l’originale (Nature’s Nether Regions, “le parti bassi della Natura”): sì, argomento del saggio è la forma dei genitali di varie specie animali, e sarebbe inutile negare che l’ho preso (dopo averne letto una recensione di Telmo Pievani sulle pagine de “La Lettura” dell’8 giugno 2014: se siete interessanti a un parere più autorevole e probabilmente più interessante del mio sul libro, ecco il link) principalmente perché prometteva di essere bizzarro e divertente.
A parte la sorprendente varietà di forme, colorazioni, lunghezze, usi, eccetera eccetera eccetera, che cosa rimane più impresso da questo “peepshow darwiniano”, come lo definisce l’autore? Beh, che la femmina è molto (molto!) meno “passiva” di quanto comunemente pensiamo, non si limita a “ricevere” semplicemente lo sperma dal maschio e inoltre la vagina (quantunque in genere meno studiata del pene) riserva qualche sorpresa inaspettata: intanto, le preferenze della femmina influenzano fortemente l’evoluzione non solo dei caratteri sessuali secondari del maschio, ma anche di quelli primari (i genitali in senso stretto). La “preferenza” di cui si parla non è, ovviamente, un capriccio fine a se stesso né spesso viene effettuata a livello conscio: maschi meglio dotati, più “bravi” nel corteggiamento o nell’atto sessuale ecc. trasmetteranno, forse, queste caratteristiche ai loro figli col loro patrimonio genetico, e i loro figli avranno dunque più probabilità di successo con le femmine, assicurandosi una più copiosa discendenza. Sintetizzando al massimo con una formula usata dall’autore stesso, si può dire che in natura il maschio badi più alla quantità (passare il proprio patrimonio genetico al maggior numero di femmine), la femmina alla qualità (più selettività nella scelta del partner). Ma il ruolo della femmina non si esaurisce nemmeno nello scegliere il maschio più adatto e poi accettare passivamente il suo sperma: in molte specie la femmina si riserva di “valutarlo”, non farlo neppure avvicinare alla vagina, “conservarlo”, utilizzarlo in un secondo momento o rigettarlo del tutto per far spazio a quello di successivi candidati ritenuti più validi; insomma, la gamma di comportamenti e “misure di precauzione” successive è assai variegata e, se ciò non vuol dire che sia la femmina a “controllare il gioco” (si tratta più di una “competizione” in cui maschio e femmina cercano costantemente di… “fregarsi” a vicenda, perché agli “ostacoli” posti dalla femmina corrisponderanno, col tempo, “trucchi” più raffinati ed efficaci da parte del maschio… anche se neppure di “competizione” vera e propria si dovrebbe parlare), mostra come l’atto sessuale sia in fin dei conti la parte più “semplice” della faccenda.
Inevitabile, in un libro di divulgazione su questo argomento, che si cerchi talvolta la battuta: se fosse successo a ogni riga l’avrei detestato, ma l’autore, per fortuna, si limita: in alcuni punti riesce anche divertente, e dove invece la battuta non era necessaria tutto sommato non dà fastidio più di tanto.
Come detto all’inizio, sono solo le impressioni molto alla buona di una profana assoluta di biologia/zoologia, però curiosa. Un libro interessante e gradevole, che è un po’ penalizzato dalla scarsezza delle immagini (e quelle presenti non sono chiarissime) e dall’assenza totale di fotografie.
Menno Schilthuizen, Anche le coccinelle nel loro piccolo… (trad. Allegra Panini), voto = 3/5