Dopo Knockemstiff, continuo il viaggio nell’America “brutta, sporca e cattiva” e, dall’Ohio, mi trasferisco a Mystic, Georgia.
Questo libro, che avrò visto anni fa sul sito di Meridiano Zero, o su un catalogo, mi è stato donato da un gentile utente di Goodreads, che sapeva del mio interesse per esso e si sentiva “in colpa” per avermelo soffiato sul sito Libraccio, e lo ringrazio nuovamente.
A Mystic, ogni anno si tiene la tradizionale Festa dei Serpenti, che consiste nello stanare i crotali caduti in letargo e ucciderli, e che richiama una grande folla di bruti appassionati: nell’attesa di questo grande evento si muovono e agiscono senza un preciso scopo alcuni abitanti della cittadina, il gestore del bar, suo padre, allevatore di cani da combattimento, il giocatore di football della scuola, la sua fidanzata, lo sceriffo, “uomini” che ben presto si riveleranno ancora più animaleschi delle bestie. La storia è questa ed è ben poca cosa, tanto, come conclude con rassegnazione il protagonista, il giovane Joe Lon, “le cose non sarebbero mai state diverse” (p. 208). Costui è anche l’unico in cui si avverte una vibrazione di autentica sofferenza (è anche in fondo il solo sulla cui psicologia l’autore si concentri sul serio: gli altri sono solo burattini impazziti e brutalmente idioti): contempla con silenziosa disperazione il contrasto fra le sue aspirazioni passate e la realtà del suo presente, si interroga sulle opportunità che ha sprecato e sul male che sta facendo agli altri, inevitabilmente, come se la sua volontà non potesse impedirlo. Non ha la minima possibilità di sfuggire alla rovina finale della sua esistenza, ma almeno si interroga sul senso di quello che sta vivendo: così come gli uomini di Knockemstiff, il che infatti li vivificava e rendeva la lettura di quei racconti emozionante.
Ma se qui Crews si limita a delineare solo quest’unico personaggio dotandolo di un briciolo di umanità, abbandonando a loro stessi tutti gli altri, non è facile trovare motivo di interesse in questo confuso catalogo degli orrori: si legge con fastidio, tristezza, nausea, ma senza com-passione. Veramente non si può parlare di delusione, non avevo motivo di aspettarmi che il libro fosse diverso da così: una storia intrisa di crudeltà, stupidità, disperazione, assenza di riscatto. Infatti c’è tutto questo, ma è fin troppo palese, dichiarato, freddo: mi ha lasciato abbastanza indifferente.
Harry Crews, La fiera dei serpenti (trad. Alberto Pezzotta), voto = 2/5
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