Cane rabbioso

A ottobre, quando finii quel Capolavoro Assoluto che è La città perfetta, mi ripromisi di tenere d’occhio questo Angelo Petrella, giovane (classe 1978) autore napoletano. Da una ricerca su IBS veniva fuori che, oltre all’ultimo romanzo, aveva firmato anche due libri intitolati Cane rabbioso e Nazi Paradise: fra i due, il primo mi sembrava più interessante, le recensioni mi facevano molto ben sperare (paradossalmente, più di mille elogi faceva una stroncatura, che diceva: “Chi ama i noir italiani di Lucarelli o Ammaniti o Faletti non ama questo autore”… e subito dopo un altro recensore commentava con un eloquente, e da me condiviso: “E meno male!”), e stavo quasi per comprarlo. Poi, mi è caduto l’occhio sul numero delle pagine, 89, e il prezzo di 6 euro ha acquistato una nuova luce: “eh, aspetta un attimo, devo spendere 12.000 lire del vecchio conio per un libro di neanche 100 pagine? Io mi rifiuto”. E non se ne è fatto più nulla. Chissà se altri, come me, si sono accorti che i libri sono fra i beni più pazzescamente rincarati col cambio lira/euro.

È andata bene perché, miracolo, ho trovato Cane rabbioso in biblioteca; ha dovuto aspettare che finisse l’ondata Eymerich, l’ho letto in questi due giorni. È molto bello.
Prima di iniziarlo avevo guardato un attimo la quarta di copertina, conteneva un estratto del racconto, solo poche righe:

Alle 18.00 sono nello studio di De Renziis. Chiede come vanno le cose. Dico bene. Chiede se mi sento sereno. Dico sì. Dice bene. Dico già. Chiede se voglio aumentare il numero delle sedute. Dico non guadagna già abbastanza. Ride. Rido. Chiedo se mi rinnova la prescrizione del Valium e già che c’è quella del Prozac. Chiede perché quella del Prozac. Dico così. Dice no. Dico vaffanculo. Chiede perché hai tutta questa rabbia repressa. Rido. Lui no. Penso pezzo di merda rinnovami la ricetta ma non lo dico. Chiede se sono contento del mio lavoro. Dico no. Dice che la seduta è terminata e ci vediamo giovedì. Dico e la ricetta. Sbuffa, prende un foglio e scrive. Me lo dà. Mentre saluto la segretaria guardo il foglio e leggo. È una prescrizione per il Limbial. Merda.

Ho pensato: “Noooo, ma sarà tutto così? Insopportabile”. È tutto così, sì, ma non è spiacevole per nulla, in un certo senso è così che doveva essere. L’io narrante è un poliziotto corrotto, violento, cocainomane, spregevole, una specie di Americano ante litteram, ma stavolta non c’è catarsi, ci si cala nello schifo e non se ne esce. Ma questo è il noir, altro che storie. Questo Petrella è veramente incazzato. Che bravo: scrivesse sceneggiature per il cinema, meriterebbe l’Oscar.

Angelo Petrella, Cane rabbioso, voto = 3,5/5
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