Brokeback Mountain

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Non che significhi granché, ma se avessi invertito le ultime due letture dell’anno e il 2013 fosse finito con La corda e la mannaia, sarebbe stata una delusione; invece, lo chiudo in bellezza grazie a Brokeback Mountain, ormai celebre racconto di Annie Proulx, uscito originariamente su una rivista, quindi nella raccolta Gente del Wyoming, e infine a sé stante dopo il film di successo che ne è stato tratto.

La storia è nota: Ennis del Mar e Jack Twist sono due giovanissimi cowboy del Wyoming, ragazzi semplici, educati al lavoro, alla fatica e alla vita dura, senza tante prospettive. Nell’estate del 1963, si ritrovano insieme a sorvegliare un gregge sui pascoli delle montagne. Tre mesi da soli, lontani da tutto e da tutti, in cui, improvvisa, ma bellissima, nasce fra i due una fortissima attrazione fisica, in una parentesi incantata e perfetta che purtroppo, una volta terminato il lavoro, non si ripeterà mai più. Sì, perché le vite dei due vanno avanti “come si conviene”: entrambi si sposano, fanno figli, cercano di tirare avanti lavorando e sforzandosi di non sentire troppo il rimpianto e il dolore per quello che non si sono accorti di aver avuto a portata di mano. La loro relazione, dopo un primo periodo di distacco totale, riprende, clandestina e a distanza, e i brevi e sporadici momenti insieme sono le uniche “isole” di felicità che i due uomini si concedono. Anni e anni di questa vita, insoddisfacente e frustrante ma unica alternativa possibile, fra il crescente, sotterraneo disprezzo di chi, alla fine, ha capito tutto, fino a un’improvvisa, crudele tragedia per cui non c’è rimedio. E allora, non rimane che ingoiarsi un dolore che non si può esprimere e di cui nessuno ci consolerà, e ripetersi, ancora una volta, come si è fatto per la vita intera, il proprio rassegnato motto, “if you can’t fix it you’ve got to stand it“.

Questo è un caso, non frequente, di opera letteraria letta dopo aver visto il film che ne è stato tratto: non riesco a fare confronti perché la visione del film risale a quando uscì nei cinema, anni e anni fa. Per quanto mi ricordo, mi piacque, e forse mi commosse altrettanto, ma non sono una grande cinefila: a differenza dei libri, è raro che un film, anche se bello, mi rimanga tanto impresso nella memoria. Durante la lettura ho cercato comunque di togliermi dalla mente le immagini dei due attori protagonisti, volevo ricrearmi due Ennis e Jack meno “carini”, più sporchi, più rozzi. Essenziale, rude, ma lirico, tristissimo ma, pur nella sua brevità, l’ultima grande lettura dell’anno.

Annie Proulx, Brokeback Mountain, voto = 4,5/5
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