La notte del gatto nero

Seguo da tempo questo autore nei vari social network dedicati alla lettura, perché per certi generi sembra avere gusti simili ai miei e scrive recensioni interessanti, perciò ho deciso di vederlo anche all’opera in un suo romanzo, incoraggiata anche dai giudizi largamente positivi che trovavo in giro. All’inizio avevo puntato a un altro titolo, ma alla fine ho letto prima questo, più recente e quindi più facilmente reperibile.

Libro iniziato e finito in una sera: da principio perché ti prende, va da solo, la discesa ineluttabile nella tragedia è talmente rapida ma reale che non te la senti di abbandonare i personaggi; poi, però, capisci dove tutto andrà a parare, un po’ rimani deluso e, in ultimo, vuoi solo arrivare in fondo il più in fretta possibile e metterlo via, come quei libri dai quali si sperava qualcosa di più. Così è successo a me, almeno.

Nulla di molto nuovo, in realtà, una riedizione ancora più cupa di Un borghese piccolo piccolo di Cerami: uomo perbene, onesto, rispettoso dell’autorità, scopre a sue spese che la Giustizia in cui aveva sempre creduto non esiste. Che se vuole ottenerla deve muoversi da solo, piuttosto che affidarsi alla Legge. Anzi, addirittura in questo caso il nemico è la Legge.

Giovanni Ribaudo è un tranquillo marito e padre di famiglia. Tutte le sue certezze crollano di schianto quando l’unico figlio, Salvatore, 19 anni, viene arrestato con l’accusa di spaccio di droga. Suo padre è costretto a combattere con autorità sprezzanti, reticenti e inutilmente crudeli, a indebitarsi per pagare la parcella di esosissimi avvocati, nonché a interrogarsi dolorosamente sul suo fallimento come genitore. Finché la notizia che Salvatore si è suicidato in carcere non spazza via questi pensieri, assieme all’intero sistema di valori che l’ha guidato per tutta la vita, e lo indirizza a quello che sarà l’unico, fondamentale scopo della sua esistenza ormai svuotata di qualunque altro senso: trovare i colpevoli della morte del figlio (perché Giovanni è convinto che egli sia stato o ucciso o spinto al suicidio dal trattamento inumano che riceveva in carcere) e punirli uno per uno. E per ottenere ciò si rende ben presto conto che le vie tradizionali non gli saranno di nessun aiuto.
Neanche la Giustizia vendicativa che persegue il protagonista è però perfetta: coinvolge un innocente che non c’entrava nulla, perché la missione di Giovanni è piegata, a sua insaputa, ad altri scopi, non “risana” nessuna ferita e, anzi, la sua furia ossessiva nell’ottenerla lo allontana senza rimedio dalla moglie.

Ci si poteva limitare (“limitare” per modo di dire, perché ne sarebbe venuto fuori un libro sicuramente interessante) a prendere di petto il tema dei meccanismi della giustizia che risucchiano intere esistenze per anni e prosciugano energie e finanze delle famiglie coinvolte. A indagare sulla situazione nelle carceri. Oppure a mostrare l’abisso che si spalanca sotto i piedi di un padre quando scopre che il figlio che credeva di conoscere è una persona totalmente diversa, ma che non può comunque abbandonare. Perché invece tentare la strada del mystery e appiccicarci un complotto diabolico e, ai miei occhi, tanto sproporzionato? Così, a leggere il movente finale della disgrazia capitata al figlio del protagonista, piuttosto che a indignarmi e a riflettere sulle storture e sugli scandali che sicuramente infestano l’apparato giudiziario, sono portata a ricondurre e ridurre il tutto a un caso particolare, odioso quanto si vuole ma non replicabile, non generalizzabile, che sostanzialmente finisce per disinnescare gran parte della critica al sistema cui forse il romanzo intendeva dar voce. Forse, stavolta, non cercare a tutti i costi il colpo di scena finale, il singolo colpevole all’origine di tutto, “insospettabile” e ai vertici della gerarchia, tentare una strada meno ad effetto, puntare sulla tragica “normalità” e “banalità” ed “esemplarità” di certe vicende, piuttosto che sull’eccezionalità estrema, avrebbe giovato.

Avevo pensato di comprare, dello stesso autore, anche I cani di via Lincoln (è l’altro titolo di cui parlavo all’inizio), ma per ora lascio stare: questo romanzo non mi ha invogliato a leggere altro di suo.

Antonio Pagliaro, La notte del gatto nero, voto = 2/5
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