Manon Lescaut

Dicevo che avrei dovuto leggere più classici: dopo aver assistito, qualche settimana fa, al concerto-spettacolo “vi manca ancor… Manon”, un collage di musiche direttamente ispirate all’eroina, come i brani dalle opere di Puccini e Massenet, o selezionate dal Maestro concertatore perché giudicate adatte a commentare la storia, mi ha incuriosita proprio il capolavoro dell’abate Prévost uscito nel 1731 (e, con qualche modifica, di nuovo nel 1753). Avevo anche bisogno di qualcosa che fosse ritenuto qualitativamente inattaccabile per rifarmi un po’ la bocca dopo la delusione di Rex tremendae maiestatis.

Tanto per cominciare, è stata una sorpresa leggere la biografia di Prévost, su cui, lo ammetto, non sapevo nulla di nulla: una vita interessante e movimentata e decisamente romanzesca. L’analisi del suo capolavoro (la Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut, quale sarebbe il titolo preciso, è l’unica opera per la quale è oggi noto: ha scritto molto altro, che però è ormai caduto nell’oblio) va invece affrontata alla fine: come sempre accade nel caso di questi classici, l’intreccio è dato per scontato che sia già noto, quindi, se non volete rovinarvi la sorpresa, fate come me e ritornatevi solo dopo aver concluso il romanzo. Vale la pena farlo, perché l’Introduzione riesce a gettare una nuova luce sull’opera e a far cogliere particolari e sottigliezze che potrebbero sfuggire, cosa particolarmente importante in questo libro in cui nulla è come sembra, i personaggi e le loro azioni sono sempre ammantate da un velo di ambiguità, chissà quanto innocente e non voluta, doppiezza, ipocrisia.

Se c’è una cosa che mi ha colpita sono l’audacia e l’arditezza di alcuni passaggi del romanzo: niente di esplicito, s’intende, ma velate allusioni o perifrasi piuttosto inequivocabili, che danno una inaspettata (per me) impressione di modernità, spregiudicatezza e libertà di costumi. La stessa protagonista, senza volerne fare a tutti i costi un modello di donna indipendente e forte (in questo l’Introduzione è molto brava ad attenuare il rischio di esaltazioni oltre misura della giovane Manon), è però un riuscito insieme di freschezza, allegria, volubilità, sfrontatezza, imprudenza, calcolo, e allo stesso tempo candore, e sicuramente dovette colpire con la sua grande novità i lettori del tempo.

Ho guardato la breve sintesi delle trame delle opere Manon di Jules Massenet e Manon Lescaut di Giacomo Puccini e ho constatato che entrambe si prendono molte libertà con il libro di Prévost: mi sembra soprattutto che calchino troppo la mano sull’aspetto della passione romantica fra i due protagonisti, tralasciando gli altrettanto importanti aspetti della fame di Manon per i divertimenti e per il denaro, della passività cieca o complicità interessata di Des Grieux nei suoi capricci. Evidentemente, i loro autori avranno avuto altri obiettivi e i loro pregi saranno altri.

Antoine-François Prévost, Manon Lescaut (trad. Elina Klersy Imberciadori), voto = 3/5
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Elina Klersy Imberciadori

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