Tristano

L’ascolto dell’opera Tristan und Isolde di Wagner, e l’aver recentemente sfogliato il manuale di storia della letteratura del liceo mi hanno invogliata a leggere questo capolavoro, una delle innumerevoli versioni del mito dell’amore tra il cavaliere Tristano e la bionda Isotta, moglie dello zio di lui, re Marco. Si tratta del poema di Goffredo di Strasburgo (prima metà del XIII secolo), ma nel volume in appendice sono presentati anche i frammenti superstiti di un’altra versione, quella di Thomas, che fra l’altro completano il racconto, ché Goffredo il suo l’ha lasciato incompiuto.

Ottima l’introduzione delle due curatrici, Maria Letizia Magini e Gabriella Agrati, autrici anche della traduzione in italiano (mi è piaciuta, anche se non era presente il testo originale, che comunque non sarei stata in grado di apprezzare).

Bellissima soprattutto la celeberrima storia dei due tragici amanti, sebbene arrivi dopo un antefatto abbastanza prolungato, con gli episodi ben noti del filtro d’amore, della sostituzione di Isotta nel talamo la prima notte di nozze, della spada snudata e della nave che arriva issando le vele bianche. Wagner ha sfrondato moltissimo e ha reso il tutto ancora più essenziale e, se possibile, ancora più tragicamente morboso e sensuale (nell’opera Moroldo, ucciso da Tristano, è il promosso sposo di Isotta, qui lo zio; in Wagner è molto più marcato e violento il contrastante sentimento di odio misto ad amore che Isotta prova per Tristano anche prima di bere il filtro, bevuto il quale, poi, i due amanti si dichiarano subito l’un l’altra, non dopo un po’ di tempo come nel poema), ma anche qui è emozionantissimo assistere al dipanarsi di questa passione assoluta e irrefrenabile, cieca e contraria a ogni prudenza.

Soprattutto, mi hanno colpito l’incanto e la semplicità con cui, con un linguaggio delicato e piano, senza bisogno di elaborate metafore, l’autore affronta il tema universale dell’amore: se fossi una abituata ad annotare i passi più significativi dei libri che leggo, qui avrei da lavorare, perché ve ne sono di bellissimi. Altro che l’artificiosità e la melensaggine di certi prodotti odierni, vedi La monaca!

Non ho letto l’opera in lingua originale, e quindi immagino che la musicalità e la dolcezza delle frasi e delle frequenti ripetizioni, che danno origine a uno stile e a dei ritmi cui certo noi lettori moderni non siamo per nulla abituati, e che quindi sulle prime possono sembrarci faticosi o pesanti, ma da cui poi finiamo per lasciarci cullare, siano state ancora più belle in tedesco, a maggior ragione dato che, suppongo, l’opera era concepita per essere cantata e ascoltata, più che letta.

Goffredo di Strasburgo, Tristano (a cura di Maria Letizia Magini, Gabriella Agrati), voto = 4/5
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2 commenti

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2 risposte a “Tristano

  1. Merita sempe riscoprire i classici. Se sono tali, un motivo c'è!

  2. Nel mio caso devo ammettere che spesso si tratta di scoprirli per la prima volta più che riscoprirli; anzi, ho fatto una bella lista di classici, più o meno noti, che non posso non leggere, nei prossimi giorni potrei annotarla qui. 🙂

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