La vita privata. L’Ottocento

Facevano prima a intitolarla “La vita privata in Francia”, piuttosto che “La vita privata in Occidente”… In quest’ultimo volume (in realtà l’opera si conclude con il quinto volume sul XX secolo, ma non lo leggerò), ancora più rari gli sconfinamenti dal terreno prediletto d’indagine, solo un capitoletto sull’Inghilterra (mentre quanto sarebbero stati interessanti sezioni dedicate, non dico all’Italia, ma alla Germania, agli Stati Uniti…): chiaro che, nell’Introduzione, i curatori tirino fuori la solita giustificazione dell’eccessiva vastità dell’argomento che quindi rende inevitabile una drastica limitazione dell’area geografica, ma sono quattro volumi che ripetono la stessa cosa, e allora dichiararlo fin dal principio e dal titolo, invece di imbarcarsi in un’impresa poi rivelatasi titanica, no?

A parte questo motivo di disappunto, comunque, questo è stato il volume più godibile, interessante e… comprensibile (vedi le mie precedenti annotazioni per chiarimenti). Chiaramente ciò è dovuto anche al fatto che la materia comincia, nel XIX secolo, a divenire meglio delimitata e meno “fumosa”, risulta sempre più legittimo e agevole rintracciare il confine che separa la vita “privata” da quella “pubblica” dell’individuo e, non ultimo, si moltiplicano, quantitativamente e qualitativamente, le fonti cui attingere, che diventano anche più varie (lettere, diari, romanzi, inchieste, statistiche ufficiali, articoli di giornale, processi, trattati medici, cartelle cliniche, e chi più ne ha più ne metta). In questo volume più che negli altri si avverte infatti il “lavoro” dello storico, che esamina le sue fonti e discute le tesi della bibliografia precedente.

Nel XIX secolo la vita privata si articola, ossessivamente, pervasivamente, sulla centralità della famiglia, totem e idolo che nel corso del tempo inizia a subire un progressivo sgretolamento, o che quanto meno vede allentarsi le sue maglie costrittive, ma che sostanzialmente domina incontrastata. E l’impressione contraddittoria è che, accanto al crescere dell’individualismo che spinge a realizzare le proprie ambizioni personali, o forse proprio a causa di ciò, all’interno del nucleo familiare, per lo meno negli ambienti della borghesia cittadina, l’atmosfera dominante sia ancora più claustrofobica, rigida, impegnata a controllare e regolare qualsiasi manifestazione dell’emotività che in passato: da qui una generale condizione di frustrazione e un’inedita “ansia” (inizia a serpeggiare quello che ormai conosciamo tutti col nome di “stress”) che attanaglierebbe l’uomo ottocentesco.
Ma ancora più interessante è la descrizione della situazione delle donne: confinate sempre più all’interno delle quattro mura della casa (molto più che nel passato, a differenza di quanto si potrebbe immaginare), relegate esclusivamente al ruolo di moglie e madre, valutate anzi solo in quanto riescono a conformarsi a questo ideale, e in generale considerate mai per sé ma solo in rapporto all’uomo, che ha il compito di proteggerle, dal mondo esterno, ma in fondo anche da loro stesse (perché la loro natura intrinsecamente inferiore e “uterina” le rende fragili, instabili, “isteriche”, irrimediabilmente dipendenti), viste alternativamente o come esseri angelici e influenze moralizzatrici o come femmes fatale corruttrici, leggere dei loro primi, timidi tentativi di contrastare questi schemi culturali (o, analogamente, delle prime ribellioni di altre categorie socialmente più svantaggiate come le classi operaie, i giovani, gli omosessuali) mi ha provocato una certa emozione.
Ancora una volta, bellissime le immagini nelle tavole in b/n fuori testo, però disposte un po’ a caso: una mancanza grave, secondo me, di queste opere è stato non aver inserito all’interno del testo dei riferimenti precisi (vedi fig. X) alle immagini che illustravano puntualmente il passo in questione.

La vita privata. L’Ottocento, a cura di P. Ariès e G. Duby, voto = 4/5
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