Philobiblon

Philobiblon (“L’amico dei libri”) è il titolo di un’operetta scritta dal vescovo e funzionario inglese Riccardo de Bury nel 1344 circa: l’argomento trattato è l’ardente amore di questo personaggio per noi oscuro per i libri, non solo di argomento sacro, ma anche profano, il suo grande impegno nello scovarne sempre di nuovi e nell’acquistarli e, aspetto interessante, la sua disponibilità a farli conoscere e circolare il più possibile (alla sua morte lascerà la sua biblioteca all’Università di Oxford).

Ho provato a iniziare a leggere il testo originale in latino, ma devo dire che non ci sono riuscita e mi sono servita della bella traduzione di Carlo Carena: i primi capitoli sono meno autobiografici, l’autore, con il solito sostegno delle citazioni dai testi biblici, dei Padri della Chiesa e di Aristotele, spiega dove risieda l’importanza dei libri, contenitori della divina Sapienza e insegnanti di virtù, quindi finge che siano i libri stessi a prendere la parola per lamentarsi del modo in cui i chierici, che pure dovrebbero essere i loro consumatori più assidui, dimentichi dei loro doveri, ignoranti e viziosi, li trascurano. Nell’introduzione è scritto che questa prima parte può sembrare meno gradevole al lettore moderno: in parte è vero, eppure per uno studioso del Medioevo è anche affascinante osservare questo metodo di ragionamento fondato sull’autorità dei testi sacri e degli antichi, che affiorano praticamente in ogni riga del testo con citazioni più o meno scoperte, ed è interessante vedere quali erano i modelli di riferimento e gli autori ritenuti imprescindibili da un uomo colto del Trecento.

Effettivamente comunque quando Riccardo de Bury inizia a parlarci della sua passione, il testo diventa più vivace e divertente: belli i pezzi in cui ci racconta che in ogni viaggio intrapreso per conto del suo re, Edoardo III d’Inghilterra, non manca mai di ritagliarsi un po’ di tempo per visitare le biblioteche monastiche o private per vedere se vi si trova qualcosa di interessante da acquistare, o quando ci dice come i suoi conoscenti abbiano ormai capito che, per fargli piacere o per farselo amico se hanno bisogno del suo intervento in qualche affare, non servano regali preziosi o denaro ma sia molto più utile donargli un libro. Quando racconta della sciatteria con cui gli studenti trattano i loro libri, sembra quasi di vederlo inorridire allo spettacolo di quello che mangia sopra il libro, di quello che gli si appoggia sopra per farsi un pisolino, di quello che ci starnutisce sopra…

Al testo dell’operetta che dà il titolo a tutto il volume segue poi una galleria di immagini, corredata da un saggio iconografico, su libri e lettori nell’arte italiana del XVI secolo. Su questa parte ho alcune perplessità: i quadri sono splendidi (stupendi, come al solito, i ritratti di L. Lotto e G.B. Moroni), ma perché mai limitarsi all’Italia, e al solo periodo rinascimentale? Visto che l’opera di de Bury che precede è di metà XIV secolo, perché non includere anche qualche esempio di pittura o miniatura medievale? Così le due parti che compongono il volume risultano abbastanza slegate l’una dall’altra. Analogamente, poi, cosa vietava di esaminare anche l’arte dei secoli successivi? Nel saggio di Novella Macola, comunque molto stimolante, è detto che è nel Cinquecento, dopo l’invenzione della stampa, che esplode la moda di farsi ritrarre con un libro in mano, ma mi sembra una giustificazione un po’ debole.

Infine, non so se sono io che becco sempre gli esemplari difettosi, ma anche qui ci sono i soliti errori, e stavolta proprio imperdonabili: passi pure per la punteggiatura spesso e volentieri errata (la solita virgola tra soggetto e predicato, che fastidio!), ma nella galleria di immagini, nella scheda n. 23 non solo manca l’ingrandimento del particolare, e che fosse previsto lo rivela la disposizione del testo, ma lo stesso testo è mutilo! “Un paio di guanti e un libro sono gli attributi di questo raffinato”, e la frase si interrompe così! Una roba tale si trova anche a p. 237, nella bibliografia, dove tutta la metà inferiore della pagina è bianca: ma si può???

Riccardo de Bury, Philobiblon (trad. Carlo Carena), voto = 3/5
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