Il Milione

C’è, su aNobii, un commento molto sensato di un lettore su questo classico, che in sostanza dice: “non commettete l’errore di leggerlo come se fosse un libro di avventure”. In effetti, stavo per cadere anch’io in questo equivoco, e per sentenziare, come avevo già visto altri fare sul web, che Il Milione è sì inizialmente interessante, ma poi la serie di capitoletti molto simili sulle tante città asiatiche attraversate diventa ripetitiva, noiosa, pesante.

Ma non è, appunto, questo l’approccio giusto con cui accostarsi a questo libro: io ho cercato di evitarlo pensando a quale potesse essere la disposizione d’animo dei suoi primi lettori e non di un uomo del XXI secolo, allo sforzo di essere, perché no, più “scientifico” dei suoi antecedenti davvero fantastici, e soprattutto richiamando alla mente tutto quello che non c’è scritto, il fatto che, anche nell’elencazione più standardizzata o riassuntiva, andava letta comunque tra le righe la grande emozione per l’avventura straordinaria che porta un ragazzino di 14 anni a partire dalla natia Venezia e a viaggire per terre sconosciute e lontanissime, praticamente ai confini del mondo, per 25 anni, e in tempi in cui viaggiare non doveva essere facile. A pensarci dà un po’ di vertigine. E affascinante e “romanzesca” è anche la storia della genesi dell’opera, con il fortunoso e “casuale” incontro nelle carceri genovesi di Marco Polo e di Rustichello da Pisa, in grado di dare forma scritta ai resoconti del primo, incontro che sarebbe potuto anche non avvenire mai, e allora avremmo avuto Il Milione? Lo avremmo avuto diverso?

Per certi versi, poi, l’ho letto un po’ anche come una celebrazione, in secoli che talvolta, per alcuni aspetti, sembrano ben più “bui” di quelli medievali, se vogliamo, dello spirito di iniziativa e di avventura, dell’intraprendenza, del senso per gli affari, della voglia di conoscenza di tre grandi italiani, Marco, Niccolò e Matteo, in tempi in cui davvero il nostro Paese fungeva da “motore” per il resto del mondo.

Interessante, e utile, anche l’introduzione (di Cesare Segre), che tratta principalmente della tradizione manoscritta tramite cui ci è giunto il testo, delle diverse varianti linguistiche (a testimonianza dell’enorme fortuna che ebbe): per ovvi motivi, io ho letto primariamente la redazione in lingua toscana, la più nota ma non la più antica né probabilmente la più fedele all’originale perduto: l’edizione dei Meridiani Mondadori (acquistata usata alla mostra mercato del libro antico di Città di Castello!) presentava anche quella in franco-italiano, intitolata Le divisament du monde, e, ove necessario, forniva in nota le integrazioni ricavabili dalla versione in latino: così, quindi, ricavando i passi maggiormente ricchi di dettagli ora dall’una ora dall’altra, ho anche scongiurato in parte il rischio monotonia di cui si parlava all’inizio (forse altri lettori che l’hanno giudicato noioso non avevano questa opportunità). Oltre tutto ciascuna versione dava un suo particolare “tono” al racconto: la versione toscana pareva quella più spiccia e pratica e attenta ai dati del commercio, ed era ovviamente anche quella di cui riuscivo a godere maggiormente della lingua, la versione francesizzante aveva, specialmente nelle descrizioni delle battaglie e forse per l’influsso di Rustichello, un gradevole e quasi “cullante” (per le frasi di raccordo, spesso ripetute) sentore di epica cavalleresca, la versione latina presentava aneddoti e notazioni di costume che invece per qualche motivo le altre tacevano.

Marco Polo, Il Milione, voto = 3/5
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