I Simpson e la filosofia

Guardo (e riguardo) I Simpson ormai da anni e anni, anche se ho perso le ultimissime serie su Italia1 (non guardando quasi più i canali analogici non avevo idea che stessero passando), d’altronde qualitativamente sempre più scadenti. So alcune puntate quasi a memoria. Una grande gioia è poterli vedere in lingua originale su FOX: non immaginereste mai i disastri che fa l’osceno doppiaggio italiano, specialmente negli ultimi tempi (il doppiatore di Homer stava dando segni di pazzia e di fastidiosissime smanie di protagonismo); disastri che vengono moltiplicati x1000 quando si ha la sciagurata idea di scimmiottare la versione originale USA e invitare “vips” nostrani a dare voce a qualche personaggio (vero, Luciana Littizzetto??). È proprio questo, a proposito, il motivo per cui mi sono rifiutata di vedere il film nelle sale un anno fa, e ho atteso fino a ora che arrivasse su SKY (e finalmente ci siamo!). Insomma, sono una grande fan della famiglia di Springfield creata da Matt Groening nel lontano 1989.Da parecchio tempo avevo in casa questo libro, I Simpson e la filosofia, raccolta di saggi di vari autori curata da William Irwin, in cui si analizza la serie sotto diversi punti di vista e cercando di ricavarne i contenuti “filosofici”: non quelli che gli autori hanno voluto trasmettere, ma quali si possano trarre dalla visione degli episodi in chiave filosofica. Basterà riportare i titoli di alcuni contributi per far capire meglio: “Lisa e l’antintellettualismo americano”, “I Simpson, l’iperironia e il significato della vita”, “Il mondo morale della famiglia Simpson: una prospettiva kantiana”, “I Simpson: la famiglia nucleare e la politica atomistica”, eccetera.Sapevo che, dopo l’esperienza “sconvolgente” de La città perfetta, se avessi preso in mano un altro romanzo molto probabilmente sarebbe impallidito al confronto, perciò ho deciso di non tentare neppure e di scegliere, come prossima lettura, un saggio, e un saggio, per giunta, dal quale non mi aspettavo neppure granché. In effetti il libro l’avevo visto per la prima volta a Natale di qualche anno fa, era stato regalato a mio cugino Francesco, pure lui fanatico di Homer & Co. Lo acquistammo solo parecchio tempo dopo anche noi, perché c’era da trovare qualcosa da comprare dal catalogo Mondolibri, altrimenti probabilmente ci sarebbe arrivato qualche stupido thriller quale “libro del mese”, e poi è rimasto a lungo nella mia libreria.Insomma, sostanzialmente non mi sbagliavo nelle mie aspettative, nel senso che, accanto alla curiosità nel vedere applicati rigorosi metodi di ricerca e di analisi alle puntate della serie, letture non convenzionali, trascrizioni di alcune battute cui subito riuscivo a collegare la scena corrispondente, ho trovato anche pagine e pagine di paroloni di cui non capivo un accidente, o per i quali I Simpson erano poco più che un pretesto, a mio parere.
Chiaramente mi manca la preparazione necessaria per apprezzare a pieno certe tesi, per capire perché Bart sarebbe un pensatore heideggeriano o che abbia a che fare Homer (non Omero!!) con Aristotele, e neanche me ne frega tanto, a essere proprio sinceri.
Naturalmente ciascun autore partiva dalle proprie posizioni, il che è perfettamente legittimo, ma spesso giungevano a conclusioni totalmente contraddittorie fra di loro, il che accresceva un po’ in me la confusione, mi sembrava di leggere una frase e qualche pagina dopo il suo contrario, I Simpson trasmettono un qualche insegnamento morale, no, in realtà I Simpsonnon trasmettono proprio nulla, non hanno valori da dare, si basano sul non-senso dell’esistenza, esaltano il valore della famiglia, no, al contrario lo distruggono, etc.I saggi migliori, più che quelli dedicati ai singoli personaggi e a quale filosofia “rispecchierebbero”, sono quelli relativi alla costruzione degli episodi e all’analisi della loro comicità, all’uso delle allusioni, delle citazioni, dei rimandi alla cultura popolare, alla parodia dei generi cinematografici o letterari, etc. etc., ovvero i saggi della parte centrale del volume; degli ultimi non ci ho capito quasi nulla, anche perché ormai mi era presa una certa stanchezza del meccanismo. In “La funzione della narrativa: il valore euristico di Homer” ho trovato una bellissima analisi sul piacere che proviamo a leggere romanzi o a guardare film in cui mi sono ampiamente riconosciuta, vorrei riportarla in uno dei prossimi post.In conclusione, probabilmente quando mi ricapiterà di vedere una replica de I Simpsonsul satellite non ricorderò proprio nulla di questi saggi, ma tutto sommato sono stata una lettura diversa e per certi versi interessanti (tutto fa cultura).Lo stesso team di autori (o forse il solo Irwin?) aveva già pubblicato in precedenza un volume analogo: Seinfeld and Philosophy: A Book About Everything and Nothing. Chi guardava Seinfeld su TMC, tanto tanto tempo fa??? A me capitava a volte di imbattermici per caso, e il rimpianto è di non averlo seguito con più costanza. Il mio parere (non solo mio) è che fosse assolutamente geniale, per quanto mi ricordo.

I Simpson e la filosofia, a cura di William Irwin et al. (trad. Pietro Adamo, Elisabetta Nifosi), voto = 3/5
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